Mancanza di neve, fiumi ai minimi storici, aumento delle temperature medie: sono segnali di un clima sempre più in crisi

Fonte: ANBI

Il Consiglio dei ministri ha recentemente deliberato lo stato di emergenza per siccità per 5 regioni italiane: Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto. Una misura estrema ma resa necessaria dalla peggiore siccità affrontata dal Paese negli ultimi 70 anni. Le conseguenze più gravi si attendono sull’agricoltura, dove la mancanza di piogge e il caldo straordinario hanno già messo a rischio gran parte dei raccolti. Secondo Coldiretti, già oggi i danni ammontano a 3 miliardi di euro.

Come siamo arrivati a questo punto?

Caldo anomalo, scarse nevicate invernali in montagna e sporadiche precipitazioni hanno gradualmente ridotto il livello dell’acqua da mesi. L’innalzamento della media delle temperature, aumentate fino a 4°C in più, ha portato l’acqua a evaporare dal suolo e a traspirare più velocemente dalle foglie. Secondo l’ARPAV, da ottobre 2021 a maggio 2022 sono caduti solamente 440 mm di pioggia, a fronte della media regionale di 732 mm; il valore più basso registrato negli ultimi 28 anni. Una situazione aggravata ulteriormente dalla mancanza di neve in montagna, la quale si era già sciolta tutta tra febbraio e marzo. Inoltre, anche l’alternarsi di forti temporali a lunghi periodi di siccità ha avuto un forte impatto sulla situazione attuale, impedendo al suolo di immagazzinare l’acqua e di rilasciare progressivamente nel tempo. 

Oltre alle sfavorevoli condizioni metereologiche, l’attuale scarsità di acqua è dovuta anche alla cattiva gestione della risorsa idrica e alla carenza di infrastrutture adeguate. Secondo i dati del WWF, per ogni 100 lt di acqua immessi nella rete di distribuzione ben 42 vanno dispersi e non arrivano ai rubinetti delle case. Allo stesso tempo, gli italiani consumano più acqua di tutti gli europei: circa 120-150 metri cubi per ogni famiglia in un anno, con un consumo medio individuale di circa 220 litri al giorno. Infine, la riduzione delle aree naturali di esondazione, dei boschi ripariali e delle zone umide ha tolto uno strumento fondamentale per l’approvvigionamento dell’acqua. Questo tipo di vegetazione, infatti, favorisce la ritenzione delle acque e la ricarica delle falde, rilasciando la risorsa idrica gradualmente e aiutando ad attenuare gli effetti dei periodi di forte siccità.

Cosa possiamo fare?

Con una maggiore consapevolezza sui nostri impatti, possiamo promuovere una gestione migliore della risorsa idrica. Etifor ha avviato diversi progetti in questo ambito, lavorando con enti regionali e nazionali. 

Abbiamo collaborato con ERSAF per svolgere unanalisi sulle sorgenti lombarde, con l’obiettivo di valutarne l’utilizzo, calcolarne il valore economico e definire le modalità di pagamento dei relativi servizi ecosistemici. Sempre con ERSAF, abbiamo intrapreso un progetto per tutelare e valorizzare il fiume Adda attraverso l’identificazione e la mappatura di tutte le aree rivierasche multifunzionali. Con l’iniziativa Parco Fiume Brenta abbiamo avviato un percorso virtuoso per la salvaguardia della risorsa idrica e degli ecosistemi a essa collegati. In particolare, il progetto vuole istituire un fondo ambientale per gli interventi di mitigazione/compensazione degli impatti negativi causati dal Servizio Idrico Integrato. 

Inoltre, promuoviamo la creazione di nuove Aree Forestali di Infiltrazione (AFI), superfici boscose che favoriscono l’immissione di acque superficiali nel sottosuolo al fine di ricaricare le falde. Un esempio di AFI è Bosco Limite, frutto di un esperimento che aveva tra i suoi obiettivi proprio quello di trovare una soluzione per l’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere. Ispirarsi alla natura è spesso la soluzione migliore, per questo crediamo nell’applicazione delle Nature-based Solutions (NBS). Le NBS sono delle soluzioni che utilizzano il normale funzionamento degli ecosistemi, massimizzando i benefici che essi forniscono. In aggiunta, sosteniamo l’approccio WEF Nexus (Water-Energy-Food Nexus), nato dalla consapevolezza delle interconnessioni tra acqua, energia e cibo. Il progetto LENSES mira a concretizzare proprio questo approccio, cercando di trovare delle soluzioni pratiche per l’area mediterranea. L’obiettivo è quello di ridurre gli impatti e i rischi sugli ecosistemi dipendenti dall’acqua. In modo simile, il progetto REXUS applica l’approccio WEF Nexus, includendo anche il clima. REXUS, infatti, vuole migliorare la comprensione delle interazioni tra acqua, energia, cibo e clima. 

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