Come integrare le Nature-based Solutions nelle strategie climatiche aziendali

Che cosa significa compensazione e che ruolo ha nei percorsi di riduzione dell’impatto aziendale? Quali sono gli approcci e gli strumenti più adatti? 

Una breve guida per aiutare le imprese a comprendere come integrare in modo credibile, efficace e responsabile le soluzioni basate sulla natura (Nature-based Solutions o NBS) nelle strategie climatiche aziendali.

Introduzione: l’importanza di chiamarsi Onesto

È un momento dinamico per lavorare nella sostenibilità. Sempre più aziende in tutto il mondo infatti si stanno impegnando a ridurre le emissioni e a fare la propria parte nella decarbonizzazione dell’economia globale. Secondo i dati più recenti, un numero di imprese corrispondente  al 34% dell’economia globale per capitalizzazione di mercato si è impegnato a ridurre a zero le emissioni nette utilizzando obiettivi basati sulla scienza (o Science-Based Targets). Inoltre, più di 140 Paesi – responsabili di  circa il 90% delle emissioni annuali globali – hanno annunciato o stanno valutando obiettivi Net-Zero in linea con l’Accordo di Parigi.

Ma le strategie climatiche non sono tutte uguali e il rischio di greenwashing è cresciuto di pari passo con gli sforzi a favore del clima. L’aumento dei controlli da parte di alcune autorità governative, della società civile e dei media sta infatti mettendo in luce la notevole diffusione di dichiarazioni d’impatto sul clima false, fuorvianti, erroneamente calcolate o eccessivamente semplificate, basate su progetti di compensazione di scarsa qualità e/o su strategie climatiche aziendali di dubbia integrità ( → vedi Sezione 3). 

Una particolare attenzione è stata rivolta a quelle dichiarazioni d’impatto mendaci che sfruttano impropriamente le soluzioni basate sulla natura (le famose Nature-Based Solutions, NBS), come l’impianto di alberi o la protezione delle foreste per controbilanciare le emissioni prodotte da un’impresa.

Negli ultimi anni, l’utilizzo inopportuno di questi strumenti ha generato diffidenza e sfiducia tra gli operatori del mercato, tanto che molte aziende – del calibro di Nestle, Gucci e Kering – hanno recentemente ritirato i loro investimenti in progetti basati sulla natura a causa di incertezze legate alla loro validità o rilevanza. 

Parallelamente, diversi fattori politici, finanziari e commerciali stanno incentivando la transizione verso prestazioni climatiche aziendali responsabili, esponendo al contempo le aziende inadempienti a rischi legali e di reputazione. 

A livello politico, i quadri normativi di riferimento obbligatori per la rendicontazione delle informazioni non-finanziarie,  come la nuova Corporate Sustainabilty Reporting Directive (CSRD), e le restrizioni previste dalla proposta di Direttiva UE sui Green Claims (ovvero le asserzioni ambientali promosse dalle aziende per qualificare i loro prodotti), stanno imponendo requisiti sempre più stringenti per l’attuazione delle strategie climatiche. Parallelamente, la domanda degli investitori e dei consumatori sta orientando con maggior enfasi i finanziamenti verso quelle attività aziendali che dimostrano un impegno credibile e affidabile per la sostenibilità.

In tale contesto, molte aziende si trovano in un impasse: da un lato, è evidente che il settore privato svolga un ruolo cruciale nel colmare il gap finanziario per la salvaguardia della biodiversità e la mitigazione dei cambiamenti climatici, sostenendo la conservazione e il ripristino degli ecosistemi; dall’altro, le aziende spesso non sanno come integrare in modo responsabile e credibile le soluzioni basate sulla natura nei loro piani di transizione verso la sostenibilità.

Qual è dunque il ruolo delle NBS nella definizione di strategie climatiche credibili? Come conciliare l’incertezza che aleggia intorno alle Nature Based Solutions con l’urgenza di agire al più presto per contrastare la crisi climatica ed ecologica in corso? Come distinguere tra azioni basate sulla scienza e greenwashing? È possibile integrare l’onestà negli obiettivi climatici aziendali? 

Per rispondere a queste domande, dobbiamo prima fare un passo indietro e chiarire il significato di alcuni termini fondamentali.

Terminologia

C’è spesso molta confusione sulla molteplicità di termini associati alle strategie climatiche aziendali. Il linguaggio è importante, poiché impegni responsabili e credibili devono fondarsi su una comunicazione trasparente, che consenta di fornire informazioni complete e inequivocabili a tutti gli stakeholders. Ma cominciamo dalle basi.  

Innanzitutto, in ogni strategia climatica che si basa su progetti Nature-Based si intrecciano diversi fattori: (i) la scelta degli strumenti finanziari da impiegare per investire sulle soluzioni basate sulla natura, (ii) l’utilizzo di questi nei bilanci delle emissioni di carbonio (iii) e il conseguente impatto in termini di credenziali climatiche che l’azienda può dichiarare. 

Per comprendere le relazioni che intercorrono tra strumenti finanziari per il pagamento delle soluzioni basate sulla natura, il loro utilizzo nei bilanci delle emissioni aziendali, e il conseguente impatto in termini di credenziali climatiche aziendali, dobbiamo innanzitutto distinguere tra le dichiarazioni di impatto “nature-based” e il modo con cui vengono impiegati dagli sponsors. In altre parole, dobbiamo distinguere tra strumenti e azioni. 

Le dichiarazioni d’impatto nature-based, come i crediti di carbonio o i claims, sono strumenti. Rappresentano un impatto reale e tangibile sul territorio. La tabella seguente ne illustra le caratteristiche principali:

Figura 1. Caratteristiche principali di due tipi di dichiarazioni d’impatto derivanti da progetti basati sulla natura

D’altra parte, pratiche come l’offsetting, la neutralizzazione o la mitigazione oltre la catena del valore – che sono tutte forme diverse di compensazione (si veda la Figura 2)- si riferiscono all’uso degli impatti verificati, cioè sono azioni, come spiegato nella seguente infografica:

Figura 2. Diversi usi delle dichiarazioni d'impatto verificate

Figura 2. Diversi usi delle dichiarazioni d’impatto verificate

Le dichiarazioni d’impatto nature-based (strumenti) e il loro uso strategico da parte delle aziende (azioni) sono combinati in diverse modalità e in diversa misura per comprovare le asserzioni sulle prestazioni complessive dell’azienda in termini di emissioni – quali Net Zero, Climate/Carbon Positive, ecc. 

Questa distinzione è stata fatta per sottolineare un concetto fondamentale. I termini “crediti di carbonio” e “offsetting” non sono intercambiabili.

I crediti di carbonio possono essere utilizzati per avvalorare le dichiarazioni delle imprese sulla cancellazione delle emissioni dal proprio bilancio del carbonio (offsetting) o possono essere uno strumento per direzionare gli investimenti sul clima compensando gli impatti negativi prodotti ma senza alcuna pretesa di annullamento di questi dal proprio bilancio.

Di recente stanno infatti emergendo nuovi approcci riguardo agli impegni climatici che presuppongono una “compensazione” senza l’uso di “offsetting”, ossia senza che le emissioni vengano cancellate dai bilanci aziendali del carbonio. Un valido esempio è il modello dei contributi climatici, che consente alle aziende di assumersi la responsabilità delle proprie emissioni destinando una quota proporzionale di risorse finanziarie all’azione per il clima al di fuori della propria catena del valore, senza affermare di annullare o neutralizzare le emissioni effettivamente rilasciate (eliminando dunque l’opinabile equivalenza in termini di impatto climatico aggregato tra compensare le emissioni e non averle mai rilasciate). In questo modo, le misure di compensazione saranno complementari – e non alternative – alle azioni di riduzione dell’impatto, ovviando a tutti gli svantaggi dell’offsetting e fornendo una chiara indicazione del livello di ambizione climatica dell’azienda.

Le insidie della compensazione: una doppia sconfitta

Date le diverse e complesse sfumature del concetto di compensazione, analizziamo ora sia le ragioni per cui è avvolto da diffidenza sia quelle che ne giustificano l’uso. 

Esistono principalmente due tipi di rischi legati all’uso di progetti di prevenzione/assorbimento delle emissioni (emissions avoidance ed emissions removals, per utilizzare i termini con cui vengono definiti a livello internazionale) per fare compensazione:

1° rischio: Il progetto di compensazione è di scarsa qualità: l’impatto positivo (aumento stock di carbonio carbonio) non c’è.

I progetti di compensazione basati sulla natura di solito si affidano al settore AFOLU (“Agriculture, Forestry and Other Land Use”: agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo) per proteggere gli stock  di carbonio esistenti (ad esempio, riducendo i rischi di rilascio di carbonio dalle foreste) o incrementare il potenziale di rimozione/assorbimento della CO2 dall’atmosfera.  

Tuttavia, devono esistere regole rigorose (→ vedi sezione successiva) in grado di offrire una solida garanzia che la quantità di carbonio dichiarata come protetta o rimossa dall’atmosfera sia veramente  protetta o rimossa in modo permanente (o quantomeno per un periodo di tempo adeguato). Quando queste regole non vengono rispettate, non solo viene minata l’esistenza di un concreto impatto positivo generato dal progetto, ma anche l’affidabilità della stessa logica compensativa. A titolo di esempio, il recente scandalo che ha coinvolto VCS-Verra ha mostrato gli effetti – in termini di visibilità, credibilità e reputazione – che derivano dal mancato soddisfacimento dei criteri di qualità.

2° rischio: La strategia climatica non soddisfa i requisiti di integrità: un’azienda utilizza in modo improprio le dichiarazioni sulle emissioni di carbonio

Strategie climatiche inadeguate – basate cioè su un’eccessiva dipendenza dall’offsetting – possono scoraggiare (o spesso sostituire del tutto) la riduzione delle emissioni all’interno della catena del valore di un’azienda, ritardando l’azione globale per il clima. 

Questo fenomeno è il risultato di molteplici fattori, in particolare la complessità e il costo di una rapida decarbonizzazione della propria filiera combinata con il basso prezzo dei crediti di carbonio degli ultimi anni, che ha reso preferibile l’alternativa più economica (cioè spingendo molte aziende a preferire strategie di offsetting). Questo perverso effetto di sostituzione che ne consegue nasconde un’implicita autorizzazione a inquinare. Inoltre, molte organizzazioni non distinguono in modo chiaro e trasparente tra le emissioni ridotte e quelle compensate tramite offsetting nelle loro dichiarazioni d’impatto, celando quindi l’entità della dipendenza da quest’ultima pratica nel raggiungimento dei loro target climatici. 

Purtroppo, entrambi i rischi si verificano spesso allo stesso tempo: alcune aziende si affidano eccessivamente ad un offsetting ottenuto da progetti di compensazione di scarsa qualità per condurre la loro strategia climatica.

Si tratta quindi di un risultato che rivela una doppia sconfitta: il finanziamento viene infatti sottratto ai piani di decarbonizzazione e diretto verso impatti che non producono benefici tangibili per la mitigazione del cambiamento climatico.

Modello win-win: la compensazione responsabile

Abbiamo visto che la compensazione è uno strumento, il cui valore – positivo o negativo – deriva da come esso viene impiegato. Se condotta in modo appropriato (→ vedi Sezione 5), infatti, la compensazione può avere molteplici effetti benefici e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni globali.

Grazie alla compensazione, le aziende infatti possono:

  • Internalizzare il costo sociale delle emissioni di gas serra. Studi recenti (Ecosystem Marketplace, Trove Research) hanno dimostrato che le aziende che si assumono annualmente la responsabilità di una percentuale significativa di questo costo (per esempio acquistando crediti di carbonio) si stanno decarbonizzando al doppio della velocità, pagano tre volte di più per le riduzioni delle emissioni all’interno della catena del valore e hanno tre volte più probabilità di avere un obiettivo climatico basato sulla scienza rispetto a quelle che non lo fanno.
  • Agire subito per investire nella lotta alla crisi climatica globale. Molte strategie di decarbonizzazione – come l’aumento dell’efficienza dei processi di produzione, la transizione verso un maggior impiego di energie rinnovabili, il coinvolgimento dell’intera catena di fornitura nella riduzione delle emissioni – richiedono revisioni consistenti dei nostri attuali sistemi economici e infrastrutturali, che hanno bisogno di anni o addirittura decenni per essere attuate. Strategie efficaci di compensazione basate sulla natura consentono alle aziende di dimostrare i progressi compiuti rispetto agli impegni climatici assunti nel breve e medio termine, accompagnati spesso da contestuali co-benefici per la biodiversità, le risorse idriche e altri servizi ecosistemici.
  • Neutralizzare le emissioni difficili da abbattere. Alcune aziende – e alcuni interi settori (cemento, ferro, acciaio, chimica) – probabilmente non avranno raggiunto la neutralità climatica entro il 2050 a causa di limiti economici e/o tecnologici. La compensazione diviene dunque necessaria per neutralizzare queste emissioni residue nel lungo periodo.
  • Andare oltre la decarbonizzazione per arrivare a emissioni nette negative. Qualsiasi scenario IPCC che prevede un aumento della temperatura media globale entro la soglia di 1,5 °C richiede di rimuovere almeno 5-10 GtCO2e/anno oltre il Net-Zero. Questo richiede di assorbire dall’atmosfera molte delle emissioni che abbiamo già prodotto.

Come strutturare un approccio climatico responsabile: le migliori pratiche per ridurre l’impatto

Per evitare i rischi sopra citati e ridurre efficacemente il proprio impatto sul clima, un’azienda deve elaborare una strategia climatica affidabile da applicare all’intera catena del valore e affidarsi a progetti di qualità che garantiscano una reale riduzione delle emissioni.

La gerarchia di mitigazione

Un approccio responsabile per gestire gli impatti prodotti dalle emissioni dei gas serra prevede di seguire la cosiddetta gerarchia di mitigazione (Mitigation Hierarchy). Si tratta di un ordine di priorità a più fasi che richiede l’attuazione di tutte le misure possibili per ogni fase prima di passare alla successiva (vedi figura seguente).

Per seguire la gerarchia di mitigazione è quindi necessario in primo luogo evitare o prevenire le emissioni; in secondo luogo ridurre l’intensità delle emissioni che non possono essere evitate; quindi sostituire le fonti di emissione più inquinanti; e solo in ultima istanza compensare le emissioni che non possono essere ridotte a causa dei limiti tecnologici (le cosiddette emissioni hard-to-abate, difficili da abbattere o residue).

Figura 3. La gerarchia di mitigazione delle emissioni di gas serra.

Figura 3. La gerarchia di mitigazione delle emissioni di gas serra. 

Attualmente, la procedura di riferimento per le strategie climatiche a livello aziendale è stabilita dalla Science Based Targets Initiative (SBTi), che consente alle imprese di definire un percorso di riduzione delle emissioni valutato in linea con i dati scientifici e le  best practices per il settore di interesse.

Tuttavia, queste best practices sono complesse da contestualizzare e rendere operative per le imprese, che spesso si avvalgono del supporto di consulenti esperti. Per questo Etifor ha sviluppato l’approccio MARCMeasure, Avoid, Risk, Capture and Communicate – che semplifica e rende più facile da interpretare e implementare il processo proposto dall’SBTi. 

MARC consente a un’azienda di misurare e valutare il proprio impatto sul clima nei 3 Scopes (emissioni dirette, emissioni indirette ed emissioni indirette lungo la catena del valore); di assumersene la piena responsabilità attuando una strategia di riduzione delle emissioni basata sulla scienza e in linea con gli obiettivi globali, mitigando al contempo i rischi che possono interessare la catena del valore; e garantendo la trasparenza nella comunicazione degli impatti agli stakeholder.

Scopri di più sull’approccio MARC

Criteri di qualità per progetti nature-based

Basandosi sulle best practices derivanti dalla letteratura scientifica, dalle linee guida nazionali e internazionali e dai principali standard di accreditamento, possiamo distinguere due categorie principali di criteri di qualità per i progetti di compensazione basati sulla natura: i principi fondamentali e gli aspetti politici. 

I principi fondamentali assicurano che tutti i fattori di emissione rilevanti per la contabilizzazione delle emissioni nei bilanci siano inclusi e che la metodologia di calcolo sia coerente, trasparente, accurata e conservativa. Gli aspetti politici comprendono altri criteri di qualità che non riguardano il calcolo effettivo delle emissioni di gas serra prodotte/evitate, ma sono comunque molto importanti per garantire la concretezza, l’efficacia e la durata dell’impatto positivo nel tempo. Questi sono illustrati nella tabella seguente.

Figura 4. Criteri di qualità per progetti nature-based.

Figura 4. Criteri di qualità per progetti nature-based.

Oltre a questi criteri di qualità, un’attività di compensazione deve essere certificata da un ente di parte terza indipendente, che ne convalidi la conformità con la metodologia adottata e gli impatti generati.

Unire i punti: quando l’integrità incontra la qualità

Per riassumere quanto detto nelle sezioni precedenti, la figura seguente mostra come i criteri di qualità per gli impatti e i criteri di integrità per gli acquirenti o gli sponsor si incontrino per fare un uso responsabile della compensazione attraverso progetti basati sulla natura.

Figura 5. Elementi chiave – dal lato della domanda e dell’offerta – per un uso responsabile delle Nature-based solutions.

Conclusioni

Come abbiamo visto, le attività nature-based hanno un grande potenziale per accompagnare le imprese nella transizione verso la sostenibilità e ridurre le emissioni su scala globale. Tuttavia, le recenti critiche emerse nei confronti di dichiarazioni di impatto non adeguatamente supportate da strategie robuste e scientificamente validate hanno evidenziato la necessità di trattare l’azione climatica a livello aziendale tramite un approccio sistemico, che consideri la questione nella sua complessità. 

Per questo motivo, nei prossimi anni ci aspettiamo che sempre più aziende adottino strategie più solide, ambiziose e ben progettate, per esempio da Net Zero a Climate Positive, o che addirittura si spingano oltre per contribuire a un risultato Nature Positive – considerando anche i co-benefici su altri domini ambientali strettamente interconnessi. All’interno di questo cambiamento di paradigma – che inscrive il clima in un quadro ecologico più ampio – sarà quindi necessario investire in soluzioni integrate e di alta qualità per il benessere della natura nel suo complesso, dando così forma a un cambiamento strutturale positivo verso cui l’intera economia globale dovrà orientarsi.

Scopri di più sull’approccio Nature Positive