Il nostro modello di sviluppo lineare richiede una quantità di risorse superiore a quelle che la terra può fornire. Ogni anno, l’Earth Overshoot Day (WWF, 2016), ovvero il giorno in cui la popolazione mondiale esaurisce il suo budget ecologico, viene anticipato.

I limiti del modello di sviluppo lineare

Per soddisfare i bisogni e gli stili di vita della popolazione mondiale non diamo il tempo agli ecosistemi di rigenerarsi e rigenerare le risorse di cui abbiamo bisogno. Questo modello di sfruttamento incontrollato delle risorse, oltre ad avere eroso le riserve naturali di molte materie prime, sta modificando gli equilibri naturali in modo irreversibile.

L’esempio più eclatante ce l’abbiamo sotto gli occhi – la combustione delle fonti fossili (carbone, petrolio, gas metano), conservati nel sottosuolo da milioni di anni, ha provocato l’alterazione del ciclo del carbonio a livello mondiale, con un aumento della concentrazione dell’anidride carbonica e di altri gas serra in atmosfera, con conseguenze catastrofiche a cui diamo il nome di crisi climatica. Il grafico estratto dal Circular Gap Report, redatto da (Circle Economy, 2018), non lascia spazio alle interpretazioni – nell’ultimo secolo abbiamo triplicato il consumo di risorse, e le previsioni rispetto all’attuale modello economico ci dicono che questa tendenza è in continuo aumento, con una previsione di 170-184 Gigatonnellate di risorse estratte al 2050.

Valore dell’estrazione di materie prime dal 1900 al 2015 e andamento previsto fino al 2050 (Circle Economy, 2018).

Cosa fare per invertire questa tendenza?

Dobbiamo puntare ad un modello circolare, ovvero creare un sistema rigenerativo in cui i beni che produciamo rimangono il più a lungo nel ciclo economico senza perdere il loro valore. L’economia circolare mira ad eliminare il concetto di rifiuto – i prodotti sono progettati e pensati per un ciclo di smontaggio e disassemblaggio al termine del loro utilizzo. In quest’ottica, anche il concetto di riciclo diventa obsoleto e deve essere adottato solamente quando i materiali perdono definitivamente la loro utilità e funzione.
L’applicazione di questi approcci nelle catene di valore permette di ridurre al minimo gli input di materiali, energia e lavoro, riducendo la dipendenza del nostro sistema economico dalle materie prime e da fonti non rinnovabili.

Ma come possiamo capire nel concreto l’economia circolare?

Partiamo da due definizioni fondamentali che separano nettamente due cicli di materiali, in base alla tipologia di risorsa:

  • Ciclo dei materiali biologici: sono quei materiali che possono tranquillamente essere reimmessi nella biosfera al termine di uno o più cicli di utilizzo, dove si biodegradano nel tempo, restituendo i nutrienti incorporati all’ambiente.
  • Ciclo dei materiali tecnici: questi materiali, come i metalli, la plastica e i prodotti chimici sintetici, devono continuamente circolare nel sistema in modo che il loro valore possa mantenersi o essere recuperato.

Questi due cicli non devono mai intrecciarsi tra loro; per evitare contaminazioni e inquinamento è necessario che i materiali tecnici non entrino nella biosfera e per garantire la rinnovabilità dei nutrienti biologici dobbiamo essere capaci di separarli dai materiali tecnici per poterli reimmettere nel ciclo biologico. Il diagramma a farfalla, proposto dalla Ellen MacArthur Foundation, a cui dobbiamo la teorizzazione dell’Economia Circolare, cerca di descrivere questi concetti proponendo come dovrebbe funzionare un sistema economico circolare ideale.

Il settore agroalimentare

Uno dei settori in cui si sente maggiormente il bisogno di cambiare paradigma e abbracciare l’Economia Circolare è quello agroalimentare, settore che più di altri mostra gli impatti e le contraddizioni del modello lineare, con una pressione enorme sui meccanismi che regolano lo stato di salute dei sistemi naturali e sociali.

La produzione di cibo, dall’agricoltura all’industria, è responsabile del superamento di 4 dei 9 planetary boundaries – climate change, perdità di biodiversità, cambio di uso del suolo e alterazione del ciclo dei nutrienti azoto e fosforo – soglie oltre le quali gli equilibri globali sono irreversibilmente compromessi (Gerten, 2020).

Una domanda sorge spontanea, è possibile trasformare il sistema e produrre abbastanza cibo per tutti, senza alterare gli equilibri naturali? Per farlo è indispensabile ripensare tutto il sistema produttivo, dal modo in cui viene coltivata la terra, all’industria della trasformazione, dal modo in cui facciamo la spesa alla nostra dieta di ogni giorno.
Per sviluppare l’Economia Circolare in questo settore, abbiamo un alleato potentissimo ed efficientissimo, basta solo studiarlo ed emularlo: la natura. Nei sistemi naturali, ciò che per uno è lo scarto o il rifiuto, diventa sempre fonte di energia e materia per un altro (Pauli, 2020); attraverso la “biomimetica” possiamo trasformare il problema degli scarti della filiera agro-alimentare in opportunità per sviluppare nuove fonti di bio-materiali che hanno moltissime applicazioni e vengono ricavati da processi efficienti e sostenibili dal punto di vista energetico.

Un modello circolare, però, in cui viene ricavato il massimo valore dalle risorse in ogni fase della filiera e gli sprechi di energia e materia sono ridotti al minimo, ha bisogno di filiere interconnesse e sistemi di simbiosi industriale in cui i sottoprodotti e gli scarti di una lavorazione diventano materie prime per un altro processo produttivo, evitando l’estrazione di risorse vergini e tutti gli impatti connessi. La materia organica nel suo fine vita, deve essere trasformata in ammendante e fertilizzante organico per poter tornare a dare nutrimento e struttura al suolo, chiudendo il ciclo e mantenendo in salute gli ecosistemi naturali.

Estrazione di biomateriali dagli scarti e relative applicazioni. Fonte: https://www.mdpi.com/1420-3049/26/2/515.

Risulta fondamentale il pensiero sistemico, che guardi alla filiera come un insieme di relazioni, interazioni e interdipendenze per riprogettare i flussi di materie e risorse, al fine di eliminare quegli “errori di sistema” che noi chiamiamo rifiuti, concetto che in natura non esiste. Per fare un po’ di ordine ed essere più pragmatici, individuiamo alcuni punti chiave che devono essere tenuti in considerazione per sviluppare nuove strategie di Economia Circolare nel settore alimentare, considerando la filiera nel suo complesso:

Le tecniche di agricoltura rigenerativa collaborano con la natura, in opposizione all’agricoltura intensiva che cerca di dominarla, attraverso l’utilizzo di fertilizzanti chimici, agrofarmaci e forte movimentazione dei terreni. Al fine di ottenere alti rendimenti nel breve termine, impoverisce il suolo riducendone la fertilità nel lungo periodo. L’agricoltura rigenerativa, invece, tramite diverse tecniche (agro-forestry, coltivazioni di copertura, permacultura, biodinamica) riesce a nutrire la parte organica e microbiologica del suolo, garantendo nel tempo un terreno ricco di humus, fondamentale per la crescita di piante sane e resistenti.

Fondamentali saranno le scelte dei consumatori verso l’approvvigionamento di frutta e verdura da produttori locali laddove c’è disponibilità. Ma la sfida più grande si gioca nelle città: sistemi di agricoltura urbana come il vertical farming e l’idroponica, o la coltivazione degli spazi peri-urbani possono riconnettere la produzione di cibo con le città, accorciando le filiere e riducendo drasticamente gli impatti ambientali ad esse collegate.

È fondamentale per riuscire a produrre più cibo con le stesse risorse. Sono moltissime le iniziative e le innovazioni che possono ridurre gli sprechi lungo la filiera: lo sviluppo di sistemi per aumentare la shelf life dei prodotti, processi industriali intelligenti, l’ottimizzazione dei sistemi di distribuzione, applicazioni per lo smartphone che permettono il recupero del cibo invenduto, ristoranti che offrono menù zero sprechi utilizzando tutte le parti degli alimenti e infine il cambio di mentalità dei consumatori

La ricerca di nuove tecnologie e l’integrazione di soluzioni già esistenti può fornire enormi opportunità per migliorare o aumentare l’efficacia delle strategie di valorizzazione degli scarti agroalimentari. Ad esempio l’estrazione di bio-polimeri che possono sostituire materiali sintetici, può rendere la nostra economia indipendente da fonti fossili e non rinnovabili. Queste bio-molecole, estratte a partire dagli scarti del cibo, non competono con la sicurezza alimentare perché non c’è bisogno di destinare suolo per la loro coltivazione come avviene per i bio-carburanti. L’estrazione dei polifenoli, potenti antiossidanti, dagli scarti dell’olio d’oliva per l’industria farmaceutica; l’utilizzo di un fungo per la produzione di bio-plastiche dall’amido che viene avanzato nei ristoranti; bio-tessuti creati dal pastazzo (polpa di spremitura delle arance); coloranti naturali dalle bucce del pomodoro; cellulosa di ottima qualità dalla crusca del grano e dagli scarti di lavorazione delle lenticchie; sono solo alcuni esempi dell’enorme potenzialità di queste tecnologie. Per approfondire, uscirà un articolo specifico sulle tecniche di valorizzazione degli scarti per fotografe lo stato dell’arte di queste nuove tecnologie.

Questa infinità di bio-materiali ha il vantaggio di essere di origine naturale e, ancora una volta grazie alla natura, utilizzando microorganismi, come batteri e microalghe, siamo capaci di scomporli e convertirli in sostanze organiche più semplici che possono tornare ad essere disponibili per la salute del suolo e la crescita delle piante.

Combinando la nostra esperienza nella gestione responsabile delle filiere agro-forestali e la valorizzazione dei servizi ecosistemici offerti dalle aree naturali, vogliamo contribuire ad innescare questi nuovi processi circolari.

Attraverso il nostro approccio innovativo che ci ha sempre contraddistinto, puntiamo sul trasferimento tecnologico di soluzioni innovative per la valorizzazione dei sottoprodotti e degli scarti della filiera, mettendo in collegamento la ricerca con le realtà agro-industriali che hanno voglia di prendere parte alla rivoluzione circolare.

Referenze