Le specie aliene invasive portano gravi minacce alla biodiversità, ai servizi ecosistemici, alla salute e alla qualità della vita delle persone.
L’Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) ha pubblicato a settembre un importante report dedicato alle specie aliene invasive intitolato “Assessment Report on Invasive Alien Species and their Control”.
È il risultato di 4 anni di analisi condotte da un team multidisciplinare di 86 scienziati provenienti da 49 paesi, supportati da 200 collaboratori: si tratta del primo report di sintesi che raccoglie le migliori conoscenze scientifiche sulle specie aliene invasive a livello internazionale.
Cosa sono le specie aliene invasive
Con il termine specie aliena (detta anche alloctona o esotica) si intendono le specie introdotte – volontariamente o involontariamente – in nuove aree tramite attività umane.
È importante sottolineare che non tutte le specie aliene sono invasive. Le specie aliene invasive sono infatti una sottocategoria delle specie aliene: si tratta di animali, piante e altri organismi che si sono stabiliti e diffusi provocando impatti negativi su biodiversità, ecosistemi locali e specie autoctone.
I numeri del report IPBES
Le attività umane hanno introdotto 37.000 specie aliene in diverse regioni e biomi del mondo, con un ritmo di circa 200 ogni anno. Di queste, più di 3.500 portano gravi minacce alla biodiversità, all’economia, ai servizi ecosistemici, alla salute e alla qualità della vita delle persone. 1.061 sono piante esotiche, 1.852 invertebrati esotici, 461 vertebrati esotici e 141 microbi esotici.
La maggior parte degli impatti è stata segnalata nelle Americhe (34%), in Europa e Asia centrale (31%) e nell’Asia-Pacifico (25%), con un minor numero di segnalazioni in Africa (7%).
L’impatto delle invasioni biologiche sull’economia globale nel 2019 è stato pari a 423 miliardi di dollari. Sempre secondo IPBES, i costi sull’economia sono quadruplicati ogni dieci anni dal 1970.
Gli impatti delle specie aliene invasive sulla natura
Secondo quanto riportato nel precedente Global Assessment Report di IPBES nel 2019, le specie invasive aliene sono una delle 5 principali cause di perdita di biodiversità insieme alle modifiche nell’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento diretto delle risorse naturali, la crisi climatica e l’inquinamento da sostanze chimiche e rifiuti.
Il report IPBES sulle specie invasive afferma che queste ultime hanno contribuito all’estinzione del 60% delle piante e animali terrestri, mentre sono state causa diretta di estinzione del 16% di queste. Un altro dato evidenzia l’impatto sulla biodiversità: 218 specie aliene invasive hanno provocato l’estinzione di più di 1200 specie autoctone.
Il Castor canadensis (castoro nordamericano) e la Magallana gigas (ostrica diffusasi nelle coste asiatiche del Pacifico) per esempio modificano le proprietà dell’ecosistema trasformando gli habitat, con effetti a cascata su una miriade di specie autoctone.
La perdita di biodiversità avvia inoltre un circolo vizioso che favorisce l’inserimento e la diffusione di altre specie aliene invasive: con il diffondersi di queste specie gli ecosistemi saranno meno diversificati e meno resilienti, quindi meno adatti ad assorbire l’ingresso di future specie aliene.
Gli impatti delle specie aliene invasive sulle persone
Gli effetti negativi sulle persone si concentrano sulle persone che vivono a contatto più diretto con la natura, come popolazioni indigene e comunità locali, incidendo sull’economia, la sicurezza alimentare, la qualità della vita e la salute.
Alcune specie di zanzare invasive per esempio possono fungere da vettori di malattie infettive e portare a epidemie come la malaria, la febbre dengue, la chikungunya, Zika, la febbre gialla e la febbre del Nilo occidentale.
In molti casi le specie aliene invasive influiscono negativamente sui servizi ecosistemici che la natura offre alle persone.
Nel New England e in Canada il Carcinus maenas (granchio comune) ha avuto un impatto sui banchi di molluschi commerciali; lungo la costa coreana l’Asterias amurensis (stella di mare del Pacifico,) e il Ciona intestinalis (ascidia lunga) hanno influito negativamente sulla maricoltura e sulla pesca; in India il Mytilopsis sallei (un mollusco simile alla cozza) ha soppiantato le vongole e le ostriche autoctone, risorse importanti per la pesca locale.
Le specie invasive in Italia
In aggiunta ai contenuti del report, è utile fare una piccola deviazione che riguarda il nostro paese, vista la risonanza che il tema delle specie aliene ha ottenuto nel 2023. In Italia è ormai noto infatti il caso del Callinectes sapidus (meglio conosciuto come “granchio blu”): un valido esempio di impatto sui servizi ecosistemici e sull’economia locale.
Questa specie è originaria delle coste occidentali del continente americano e si è diffusa nel Mediterraneo, trasportata dalle acque di zavorra delle navi. I granchi blu distruggono gli allevamenti di molluschi, tagliano le reti da pesca con le chele e si cibano degli avannotti (i piccoli dei pesci), danneggiando la pesca e le risorse ittiche.
Vuoi saperne di più sul granchio blu? Guarda il video
Un esempio dal mondo vegetale invece è la robinia, albero originario del nordamerica da cui si ricava il miele d’acacia. È considerata una specie invasiva, in quanto tende a sostituirsi a pioppi e salici lungo le rive dei fiumi.
Misure: prevenzione, eradicazione, contenimento e controllo
Per affrontare le minacce derivanti delle specie aliene invasive, dal report IPBES emergono tre tipi approcci fondamentali: prevenzione, contenimento ed eradicazione.
La prevenzione è la misura più efficace (anche dal punto di vista economico) nella lotta contro le invasioni biologiche. Attraverso misure rigorose, come controlli d’importazione ben applicati, biosicurezza e strategie per evitare fughe da confinamento, è possibile impedire l’introduzione di nuove specie aliene in nuovi habitat. Questo approccio è necessario soprattutto nei sistemi marini, dove i tentativi di eradicazione e contenimento spesso falliscono.
Il contenimento rappresenta un’opzione valida quando l’eradicazione risulta irrealizzabile. Questo approccio si concentra sul limitare la diffusione delle specie aliene invasive e sul mantenimento delle loro popolazioni entro limiti gestibili. Tuttavia, il contenimento è più efficace nei sistemi terrestri e d’acqua chiusi, meno efficace invece nei sistemi marini.
L’eradicazione può essere adottata con successo per popolazioni piccole e a diffusione lenta di specie aliene invasive. Questo approccio ha dimostrato successi significativi soprattutto su molte isole.
Contribuire alla protezione della biodiversità
In questo scenario, è essenziale intraprendere azioni concrete a salvaguardia della biodiversità, considerando il ruolo cruciale che essa svolge nell’equilibrio ecologico del nostro pianeta. Etifor da anni collabora con gestori forestali e amministrazioni locali per implementare progetti ambientali: un esempio è il nostro lavoro nella promozione di pratiche sostenibili di gestione forestale, che contribuiscono non solo a conservare la biodiversità ma anche a mitigare gli effetti della crisi climatica e a promuovere una gestione responsabile delle risorse naturali.
Un esempio è l’iniziativa Bioclima, realizzata da Regione Lombardia – tramite i fondi del Piano Lombardia – e con il sostegno di Fondazione Cariplo. BioClima mira a creare modelli di finanziamento pubblico-privato per catalizzare gli investimenti in progetti di conservazione della biodiversità e adattamento al cambiamento climatico nelle foreste e aree protette lombarde, contribuendo così a salvare 12 ecosistemi e 70 specie faunistiche.