Negli ultimi mesi il dibattito politico europeo sta ruotando attorno al nuovo Regolamento UE per limitare l’importazione di bene ricavati dalla deforestazione. Già nominato “Deforestazione Zero”, l’obiettivo di questo Regolamento è quello di allineare le politiche europee sull’importazione con gli impegni presi in materia di sostenibilità e lotta alla crisi climatica. Il Regolamento riguarderà principalmente i settori collegati a soia, carne bovina, olio di palma, cacao, caffè, legno e alcuni prodotti derivati, come cuoio e cioccolato.
Cosa cambia quindi per i settori e le aziende coinvolte?
In questa serie di approfondimenti andremo a esplorare le caratteristiche dei settori coinvolti nel nuovo Regolamento UE “Deforestazione Zero”, cercando di capire meglio come mercato, produzione e importazione saranno influenzati dalle nuove regole. Oggi parliamo di cacao.
La filiera del cacao è spesso definita come un “caso estremo di struttura a clessidra”: agli estremi opposti ci sono i consumatori e le migliaia di piccoli e medi produttori di cacao; al centro, pochi player internazionali, solitamente enormi società di trading e di prima e seconda trasformazione, che controllano la distribuzione e trasformazione a livello globale. Una struttura che si riflette anche nella suddivisione degli introiti. Secondo il World Economic Forum, a livello globale, più dell’80% dei ricavi derivanti dalla filiera del cacao sono destinati ai grandi produttori e commercianti. Al contrario, ai piccoli coltivatori, che rappresentano la stragrande maggioranza degli attori della filiera, spetterebbe non più del 6,6% dei guadagni totali. In questo tipo di filiera, garantire che il cacao consumato quotidianamente non sia legato a fenomeni di deforestazione e degrado forestale è sicuramente una cosa complicata. Secondo alcune inchieste condotte da The Guardian e dall’organizzazione per la difesa dell’ambiente Mighty Earth, in Costa d’Avorio i commercianti locali (middle men), che vendono alle multinazionali di cacao, acquisterebbero dai piccoli agricoltori fave di cacao coltivate illegalmente all’interno di aree protette o parchi nazionali del paese. Il prodotto illegale verrebbe poi mescolato, durante le varie fasi della filiera, con le fave di cacao prodotte legalmente. Ne risulta che molti prodotti trasformati in barrette o cioccolatini potrebbero includere cacao illegale.
Per garantire il massimo livello di legalità, la tracciabilità e la sostenibilità del cacao importato, l’UE introdurrà nuovi obblighi per tutte le aziende che importano e commercializzano cacao, tra cui l’adozione di una due diligence ferrea con standard “segregati”. Viene quindi richiesta l’adozione di strategie mirate per migliorare i mezzi di sostentamento degli agricoltori, proteggere i diritti dei bambini e salvaguardare l’ambiente. Etifor, grazie a una decennale esperienza di ricerca e consulenza nelle filiere del settore agro-forestale, è in grado di accompagnare le aziende in questo percorso di transizione al nuovo sistema di due diligence e di facilitare l’integrazione dei nuovi strumenti associati al Regolamento nella politica aziendale. Tracciamo le filiere dall’origine, seguendo un flusso segregato per garantire che eventuali prodotti illegali non vengano mescolati, nelle varie fasi della filiera, con le fave di cacao prodotte legalmente. Vi aiutiamo a risalire a tutte le fattorie in cui le fave vengono acquistate fisicamente per identificare eventuali problemi e a promuovere un cambiamento positivo direttamente in loco insieme alle cooperative e agli agricoltori stessi. Operiamo secondo i principi della legalità e sostenibilità attraverso sistemi di mappatura e monitoraggio avanzati, partnership con enti di certificazione e altri standard a gestione indipendente e infine sviluppiamo strategie volte a migliorare i mezzi di sostentamento degli agricoltori, proteggere i diritti dei bambini e salvaguardare l’ambiente.