Il nuovo regolamento UE punta a frenare l’importazione di beni ricavati dalla deforestazione.

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Soia, carne bovina, olio di palma, legno, cacao, caffè e prodotti derivati come cuoio, cioccolato e mobili saranno ammessi sul mercato UE solo se sarà possibile accertarne la provenienza e sostenibilità. L’Europa va verso prodotti a “deforestazione zero”.

Con  la proposta di nuovo regolamento per ridurre al minimo il disboscamento e il degrado forestale imputabili all’Unione, la Commissione Europea allinea le sue politiche commerciali agli impegni sul clima nel più ampio contesto del Green Deal europeo, e propone un radicale ripensamento dell’ EUTR, che rappresenta la norma vigente in materia di contrasto al legno illegale. 

E’ oramai riconosciuto, infatti, come l’estrazione del legname, sebbene rimanga un fattore significativo nei processi di degrado e perdita di ecosistemi forestali, non costituisca  il driver primario di questi fenomeni.  E’ l’espansione dei terreni agricoli – legata alla produzione di alcune materie prime che importiamo, quali soia, manzo, olio di palma, cacao e caffè – la prima causa di abbattimento delle foreste. Alcune stime, relative al periodo 2000-2018, attribuiscono all’espansione dei terreni agricoli la responsabilità di quasi il 90%della deforestazione a livello globale. La responsabilità di questo fenomeno non è esclusiva dei Paesi produttori, ma anche di quelli importatori. Stando al recente rapporto del WWF “Stepping up: the continuing impact of Eu consumption on nature”, l’UE è il secondo importatore al mondo di embodied deforestation(deforestazione incorporata) dopo la Cina, e ​​responsabile del 16% della deforestazione associata al commercio internazionale, per un totale di 203 000 ettari e 116 milioni di tonnellate di carbonio. 

Lo stesso report mostra come L’Italia si collochi al secondo posto, dopo la Germania, nella classifica delle otto economie europee (Spagna, Paesi Bassi, Francia, Belgio, Polonia e Gran Bretagna pre-brexit) responsabili da sole dell’80% della deforestazione collegata alle importazioni dai Paesi tropicali. Caso emblematico è rappresentato dalla soia del Brasile, di cui l’Italia è il terzo principale importatore dell’Ue dopo Paesi Bassi e Spagna e tra i primi 10 a livello internazionale e che un recente report di Greenpeace ha dimostrato essere alla base degli abbattimenti di alberi in Rondonia, nella foresta amazzonica. Per comprendere al meglio il ruolo dell’Italia nel fenomeno dell’embodied deforestation, Etifor nel 2020 ha pubblicato il volume “Deforestation made in Italy”.

Attraverso il nuovo regolamento, l’UE  mira a ridurre il suo impatto relativamente alla deforestazione incorporata,  non limitandosi ad  accertare solo l’origine legale del legno e i suoi derivati, ma vieterà in futuro l’importazione da Paesi terzi di qualsiasi prodotto – realizzato in modo legale o illegale –  che sia collegabile alla deforestazione e al degrado forestale. Si passa dunque dal concetto di legalità a quello più ampio di sostenibilità, includendo nel concetto di deforestazione anche il disboscamento legale se questo sarà motivato dallo sfruttamento agricolo del suolo per la produzione delle materie prime contemplate dal regolamento. 

Nella lista stilata dalla Commissione figurano sei materie prime: soia, olio di palma e carne bovina – tra i prodotti di base con la più grande deforestazione tropicale incorporata importata nell’UE – seguita da prodotti in legno, cacao e caffè.

Attraverso l’approvvigionamento responsabile di materie prime e il consumo di prodotti “a deforestazione zero”, la nuova proposta legislativa, presentata il 17 novembre 2021 e presto al vaglio del Parlamento Europeo e degli Stati membri, mira a preservare la biodiversità e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. L’obiettivo ultimo dell’UE entro il 2030 è quello di contenere di oltre 70.000 ettari all’anno la deforestazione indotta dall’importazione di tali prodotti in territorio comunitario. Secondo la Commissione, prevenire il degrado forestale comporterebbe di riflesso la mancata immissione in atmosfera di circa 32 milioni di tonnellate di carbonio ogni anno (con un potenziale risparmio economico di almeno 3 miliardi di euro all’anno) con ripercussioni positive in termini di lotta al cambiamento climatico e protezione della biodiversità. Ulteriori effetti positivi, secondo Bruxelles, si avranno sulle comunità locali, comprese le popolazioni più vulnerabili, come quelle indigene, che dipendono fortemente dagli ecosistemi forestali. 

Un sistema di tracciabilità rafforzata fisserà l’obbligo per gli operatori di dimostrare che i prodotti non provengano da terreni oggetto di deforestazione o degrado dopo il 31 dicembre 2020 e che siano conformi alla normativa del paese di produzione.

Fermo restando l’obbligo due diligence di garantire l’accesso alle informazioni relative a materie prime, quantità, fornitori e paesi di produzione, gli operatori dovranno raccogliere  e comunicare le coordinate geografiche delle superfici agro-forestali di provenienza delle materie prime che si immettono sul mercato. Poiché la deforestazione è connessa ai cambiamenti di uso del suolo, per monitorare questo fenomeno gli importatori dovranno geolocalizzare le zone in cui sono state coltivate le materie prime o i prodotti con fattori di rischio deforestazione. Nella seconda fase le imprese dovranno usare le informazioni di provenienza delle materie prime per analizzare e valutare i rischi nella filiera di approvvigionamento. In ultimo, dovranno adottare misure di mitigazione adeguate e proporzionate, come l’utilizzo di strumenti di monitoraggio satellitare, audit sul campo, sviluppo delle capacità dei fornitori o test degli isotopi per confermare l’origine dei prodotti. Le informazioni andranno poi inserite in un sistema di informazione europeo sotto forma di dichiarazione che confermi di aver esercitato con successo la dovuta diligenza e che i prodotti da loro immessi non sono collegati alla deforestazione. I controlli diretti saranno affidati alle Agenzie delle dogane degli Stati membri che potranno sospendere l’immissione sul mercato UE di materie prime e prodotti ritenuti causa della deforestazione.

La Commissione gestirà inoltre un sistema di valutazione comparativo (il cosiddetto benchmarking) che distinguerà i Paesi in base al livello di rischio (basso, medio o alto) di produrre merci connesse alla deforestazione o comunque non conformi alla legislazione del Paese produttore.  Il grado di rischio attribuito agli Stati e alle regioni inciderà anche sugli obblighi per gli operatori e per le autorità di controllo coinvolte, con sistemi di valutazione semplificati per i prodotti provenienti da zone a basso rischio e controlli rafforzati per le aree ad alto rischio.

Il freno europeo alla deforestazione non si tradurrà solo in regole più stringenti per l’importazione di questi prodotti; l’impegno dell’Europa è anche quello di sostenere la protezione del patrimonio forestale tramite l’introduzione di incentivi a un uso più sostenibile delle risorse naturali, con il contributo al mantenimento di foreste più intatte, la promozione delle opportunità commerciali per i prodotti sostenibili e con il contrasto alla concorrenza sleale praticata dai produttori non sostenibili che esportano verso il mercato dell’UE”. La Commissione si impegnerà anche a collaborare con i paesi partner, tra cui governi, mondo accademico, settore privato e società civile.

Sebbene l’iter della “Regulation on deforestation-free products” sia stato appena avviato, la proposta europea rappresenta una svolta storica. Secondo le organizzazioni ambientaliste Greenpace e WWF, che hanno accolto con favore l’introduzione della nuova due diligence, la legislazione allo stato attuale coprirà però un ambito troppo ristretto. Non risultano infatti incluse nella nuova legge altri ecosistemi fondamentali per la salvaguardia della biodiversità come le praterie, savane e zone umide. Inoltre, risultano al momento esclusi dalla lista dei prodotti altri beni con legami significativi con le foreste e la distruzione dell’ecosistema come il maiale, il pollame, la gomma e il mais e altri come avocado, quinoa, anacardi, legati alle mode alimentari insostenibili. La Commissione, sempre secondo le organizzazioni ambientaliste,  non richiede infine alle aziende di osservare le leggi internazionali che proteggono i diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali, ma solo le norme interne a ciascun Paese.

Un’altra potenziale lacuna individuata dal WWF riguarda l’ “esenzione de facto” delle aziende che si riforniscono da Paesi a “basso rischio”. Ciò aprirà delle scappatoie poiché i prodotti ad alto rischio potrebbero essere spediti anche attraverso paesi a basso rischio. La categoria a basso rischio dovrebbe essere eliminata del tutto. 

I negoziati dovrebbero iniziare durante la presidenza francese del Consiglio dell’UE nella prima metà del 2022. Etifor segue da vicino i contenuti e gli sviluppi della normativa: seguiteci per saperne di più.