Portogallo, Spagna, Francia e Italia tra i paesi più colpiti dai roghi nelle ultime settimane

Gli incendi boschivi hanno da sempre un ruolo in alcuni ecosistemi naturali e a volte contribuiscono al mantenimento dell’equilibrio ecologico delle foreste. Infatti, certi ecosistemi traggono beneficio dagli incendi poiché, ad esempio, puliscono il bosco dalla necromassa, ovvero le piante morte, rendendo più accessibili i nutrienti del suolo e creando spazio per nuove piante. Allo stesso tempo, i nutrienti rilasciati del materiale organico bruciato ritornano più velocemente al terreno, rendendolo più fertile. Alcune piante sono addirittura dipendenti dagli incendi per la propria sopravvivenza e riproduzione. Ad esempio, ci sono specie di pini che hanno bisogno del fuoco per permettere alle pigne di aprirsi e liberare i semi in esse contenuti; un processo di adattamento ecologico definito serotinia. Questo tipo di incendi è definito incendio superficiale, in quanto non interessano la chioma degli alberi, ma piuttosto il sottobosco. Inoltre, ha un tempo di ritorno, cioè il periodo tra un incendio e l’altro, sufficientemente lungo da permettere alla piante di compiere il loro ciclo naturale, come appunto la serotinia. Infine, imitando la natura, si sono sviluppate alcune pratiche di prevenzione che consistono proprio in piccoli incendi circoscritti volti a ridurre la disponibilità di combustibile superficiale e la sua continuità orizzontale e verticale. In particolare, si diminuisce la quantità di arbusti, cespugli e altri tipi di piante che bruciano più facilmente. Lo scopo di queste pratiche è quello di prevenire gli incendi ad alta intensità e il possibile passaggio delle fiamme alle chiome. Questa tecnica, detta fuoco prescritto, viene sempre svolta in modo pianificato e controllato, dopo l’attenta analisi dei fattori che più influiscono sui roghi, specialmente vento e umidità.
Tuttavia, gli incendi che hanno colpito l’Europa in queste settimane si possono definire tutt’altro che benefici e naturali. In Portogallo, circa 50.000 ettari di bosco – l’equivalente a circa 70.000 campi da calcio – sono bruciati da metà giugno. Nella Sierra della Culebra, in Castilla y Leon, si è registrato il più grande incendio della storia recente della Spagna, che ha colpito una superficie di circa 30.000 ettari. Una situazione che ha richiesto il dispiegamento dell’esercito per aiutare i vigili del fuoco a domare le fiamme. In Francia, gli incendi hanno colpito principalmente la regione della Gironda, una zona molto turistica, obbligando ad evacuare circa 16.000 persone. In Italia, da inizio luglio, si è registrata una media di circa 3 incendi al giorno su tutto il territorio, anche in regioni generalmente meno colpite dai roghi, come il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino Alto-Adige. Tra gli incendi più estesi nel nostro paese possiamo citare quello nella zona della Massarosa, in Toscana, dove sono andati perduti circa 900 ettari di foreste, causando anche l’evacuazione di alcune case.
Che cosa sta cambiando?
Maggiore frequenza ed estensione degli incendi, intensità crescente e simultaneità di eventi ci suggeriscono che la ”normalità” si sta evolvendo. Oggi, infatti, ci troviamo di fronte a quelli che vengono definiti “megafires”, ovvero eventi caratterizzati da elevata intensità, durata e dimensioni tali da mettere in crisi il sistema di lotta, diventando incontrollabili. Un altro fattore insolito è la simultaneità di questi eventi, che si sta verificando non solo a livello singoli stati, ma anche in tutto il subcontinente sud-orientale europeo.

A cosa sono dovuti tutti questi incendi?
Nonostante la maggior parte degli incendi sia di origine dolosa, quest’estate si sono presentate delle condizioni particolarmente favorevoli per la propagazione dei roghi, prima di tutte la forte siccità. Mentre il nostro paese sta affrontando la più grave siccità degli ultimi 70 anni, anche il resto del continente non si trova in condizioni migliori. Secondo il rapporto sulla siccità della Commissione europea, a luglio circa metà del territorio dell’Unione europea e del Regno Unito era a rischio siccità, con gravi conseguenze sui raccolti e sulla vegetazione. Questa situazione di forte aridità abbassa l’umidità del combustibile superficiale, rendendolo più facilmente infiammabile. Essendo molto secco, infatti, è sufficiente una minima parte di energia per far partire la combustione.
Al contempo, anche alcuni fenomeni socio-demografici hanno influenzato l’intensità degli incendi boschivi, in particolare l’abbandono delle aree rurali e cambiamenti nelle pratiche agricole e nell’uso del suolo. Il progressivo abbandono delle campagne e quindi delle pratiche agricole, di pastorizia e di gestione del bosco, in corso dagli anni ‘60 in quasi tutta Europa, ha portato a una conseguente diminuzione della gestione del territorio. Minor gestione significa anche aumento incontrollato della vegetazione e della superficie forestale, rendendo disponibile più materiale per la combustione e facilitando quindi la propagazione degli incendi. Uno dei fattori determinanti per la propagazione di un incendio boschivo è, infatti, la disponibilità e la continuità di materiale combustibile forestale superficiale, ovvero arbusti e piante che crescono incontrollate. In breve, la mancanza di gestione aumenta la vulnerabilità del territorio agli incendi. Un’altra conseguenza della mancata gestione del territorio rurale è lo spostamento dell’interfaccia urbano-foresta, ovvero l’avvicinamento del bosco ai centri urbani, che mette a più a rischio le abitazioni qualora si verifichi un incendio.
Cosa possiamo fare contro gli incendi boschivi?
La partita contro gli incendi boschivi si gioca su due fronti: da un lato bisogna disporre di un sistema di lotta efficace, con personale tecnico specializzato e mezzi appropriati per ridurre la dannosità dei roghi; dall’altro è fondamentale prevenire questo tipo di eventi, pianificando un paesaggio più resistente e resiliente al fuoco. L’obiettivo della selvicoltura preventiva è proprio quello di ridurre l’infiammabilità del bosco per aumentare la resistenza agli incendi, accelerare la ripresa della vegetazione e migliorare la sicurezza delle operazioni antincendio. Alcune misure di selvicoltura preventiva riguardano, ad esempio, la creazione di viali tagliafuoco e di radure per aumentare la discontinuità strutturale del bosco, riducendo la presenza di materiale combustibile e quindi limitando la propagazione degli incendi. Un’altra tecnica di selvicoltura preventiva coinvolge l’eterogeneità del bosco: la mancanza di continuità tra specie uguali può infatti rallentare la propagazione delle fiamme. A tal proposito, la Spagna ha investito sullo sviluppo di coltivazioni e pascoli come “aree tagliafuoco” alternate alla foresta, promuovendo sia il recupero del territorio che la resistenza dello stesso al fuoco.
In senso più ampio, secondo Coldiretti una delle misure essenziali per difendere i boschi è proprio la promozione di politiche sociali ed economiche che contrastino l’abbandono delle campagne e supportino la manutenzione del territorio. Inoltre, come evidenziato dalla ricerca dell’European Forest Institute su cinque casi studio nell’area mediterranea, coinvolgere le comunità rurali nelle pratiche di prevenzione può portare a risultati estremamente positivi. Queste misure preventive richiedono una lunga pianificazione, ma rappresentano sicuramente lo strumento più efficace per salvare i nostri boschi.
In Etifor ci impegniamo ogni giorno per promuovere la gestione responsabile delle foreste e lo sviluppo delle aree rurali, elementi chiave per aumentare la resistenza del territorio ad eventi sempre più estremi. Attraverso tecniche di progettazione partecipata, promuoviamo la buona governance del territorio e delle risorse naturali. Miglioriamo la gestione con servizi di monitoraggio, valutazione e finanziamento dei processi di sviluppo. Inoltre, analizziamo i fattori di rischio che mettono a repentaglio le foreste e cerchiamo modi innovativi per migliorarne la gestione, anche attraverso la promozione di finanziamenti privati.